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Con questa mostra alla Vetrina di Venezia, e il suo titolo – un incrocio tra la flora alpina svizzera e la gastronomia della Laguna –, Stelle alpine al Nero di Seppia, chiudiamo il cerchio, per così dire. Le sue origini italiane, la Svizzera, la sua vita a Zurigo, Ginevra e Losanna, il suo interesse per il cibo e per il mondo animale e vegetale, c’è tutto?
Questo titolo crea un ponte tra due aree culturali e anche tra due sensi, la vista e l’olfatto. Passando da una lingua all’altra, in questo caso dal tedesco all’italiano, e utilizzando parole che tutti conoscono, Edelweiss al Nero di Seppia allude all’ identità che hanno segnato la mia giovinezza in quanto figlia di immigrati italiani e cresciuta a Zurigo. Il multiculturalismo, presente fin dall’inizio, è stato un fattore determinante della mia vita. Durante gli anni di scuola ho imparato le lingue di Shakespeare e Molière, che hanno aperto la mia immaginazione a nuovi orizzonti; poi si sono aggiunti frammenti di lingue di altri paesi, imparate sul campo durante i miei soggiorni all’estero. Questa geografia linguistica senza confini mi dà la sensazione di vivere nelle lingue piuttosto che nei paesi.
Essere nel mondo significa essere in contatto con ciò che contiene. Sulla terra esistono milioni di forme di vita diverse che si sono evolute nell’arco di 3,5 milioni di anni. Come l’evoluzione, anche la creazione artistica è imprevedibile. Le possibilità sono infinite. Con il mio lavoro sui fiori che ho osservato in Svizzera o sugli animali ai quali mi sento straordinariamente legata, non ho la pretesa di dare una visione completa del mondo. Sono invece consapevole che il mondo è in continua evoluzione, che va all’avventura, e che fatalmente mi trascina con sé.
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Claudia, lei utilizza una vasta gamma di tecniche artistiche, dal collage al video, dal disegno alla pittura. Non ci sono limiti alla sua ricerca. C’è in lei una curiosità insaziabile, il desiderio di esplorare mondi e tecniche diverse. È così?
Veniamo da un passato di cui stiamo ancora cercando le origini e ci dirigiamo verso un futuro di cui non conosciamo la fine. Il mio approccio artistico si colloca in questo spazio semiaperto, tra conoscenza, ricerca della conoscenza e incertezza. Mi muovo mentalmente verso luoghi che muovono anche me. Ho un bisogno costante di vedere e imparare, di percepire il mondo in modo diverso e di modificare ciò che mi circonda. È probabilmente nel collage che la dimensione della trasformazione è più evidente: un’immagine viene tolta da un contesto e integrata in un altro, permettendole una nuova attualità. Passato e presente coesistono e danno origine a un significato nuovo e inaspettato.
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Lei è anche editrice. Nel 2022 ha fondato le Edizioni LaClac che hanno prodotto badge d’artista, fanzine e raccolte di cartoline come ad esempio “Labyrinthes” in cui alcuni artisti sono stati invitati ad illustrare l’antico tema del labirinto. La creazione contemporanea e il lavoro collettivo sono importanti per lei?
LaClac è stata fondata da un gruppo di artisti e persone interessate all’arte con l’idea di realizzare progetti editoriali nuovi e sperimentali e di creare legami tra mondi artistici che di solito non si incontrano. In quest’ottica, proponiamo opere che riuniscono artisti di orizzonti diversi attorno ad un tema o a un mezzo comune. Il progetto dei badge d’artista, prodotti in edizione limitata e venduti a un prezzo contenuto, è stato apprezzato da un vasto pubblico. Dobbiamo questo successo agli artisti e alla loro generosa partecipazione, e alle istituzioni museali disposte a distribuire queste pepite d’arte nei loro bookshop. Il questo modo si crea una comunità unica nel suo genere, che oltrepassa i confini tra le diverse posizioni e provenienze artistiche.
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Lei dà spazio agli artisti contemporanei, ma rende anche omaggio a figure storiche, come Marcel Duchamp nei suoi video, o Niki de Saint-Phalle. Surrealismo e femminismo sono un binomio che le piace?
Che siano antichi o contemporanei, attraverso le loro opere gli artisti sono depositari del sapere, delle innovazioni tecniche e della storia del loro tempo. Senza di loro, cosa saprei della produzione del colore, inventata nella preistoria? O della prospettiva lineare che ha rivoluzionato il modo di vedere il mondo in Occidente? Penso anche agli innumerevoli ritratti dipinti che danno un volto al mondo prima dell’invenzione della fotografia e rendono presente l’assente, come diceva Leon Battista Alberti. Per me i quadri antichi non sono immagini morte. La loro contemporaneità sta nella capacità di suscitare continuamente meraviglia.
“Le opere d’arte sono di una solitudine infinita”, diceva Rilke. Per rassicurarmi, penso agli artisti che ammiro, le cui vite sono state capolavori di solitudine.